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«La gazza» e il viaggio in treno che salvò Monet
Categoria: L'ARTE

«La gazza» e il viaggio in treno che salvò Monet

di Marzia Fiorito

Siamo in un punto d'arrivo e di partenza, sul bordo della riva sinistra della Senna. È un elegante contenitore, di pietra, metallo e vetro con due enormi orologi a segnalare la sua funzione precedente.

IL VIAGGIO Portogallo

 

Pessoa, Saramago, Manuel Alegre? Oltre. Oltre loro, più in là degli echi lusofoni colti. Perché? Mi interessava capire, ventre a terra, la moda del (viaggio in) Portogallo, che è scoppiata da un po’, ma non immaginavo fosse così contagiosa. Finora ero stato spinto a curiosare dalla professoressa Maria Luisa Cusati, console onorario a Napoli.

E lei, con garbo ed eleganza, non aveva in alcun modo provato a influenzare le scelte… Così, da Lisbona, passando per Sintra, Mafra, fino ad Alcobaça e Batalha; da Coimbra (con il suo Fado degli studenti) a Porto, da Braga a Guimaraes, fino a Viseu, senza perdermi un solo spicchio di paesaggio della Valle del Douro con le sue meravigliose «Quinte» enoiche, ho collezionato qualche bandierina da sistemare sulla mappa ideale della mia personalissima geografia valoriale. Sono entrato in santuari e monasteri, castelli, regge e palazzi principeschi, gallerie e boutique vintage; atelier e botteghe artigiane; vicoli e vicoletti, tra strade di campagna e tanti percorsi cittadini o fuori porta in… salita; e approdi salmastri, tra conchiglie, risacche oceaniche e ciottoli rossi. Tornerò per ubriacarmi in Alentejo e abbronzarmi in Algarve, o abbuffarmi di formaggi preziosi e rari sulle montagne del Parco nazionale. Nel frattempo ho fatto cose abbastanza turistiche (ma con poco baccalà e sardine; e la t-shirt di CR7) anche se l’occhio mi è caduto su curiosità alternative. Di certo mi sono abbagliato alla Piazza del Commercio di Lisbona. Ma nel frattempo Carlos Martins, mio nuovo amicone, ottimo poeta e chansonnier mi aveva convinto ad ascoltarlo live in una bella serata di worldmusic dal sapore d’antan al «Café Imperio» dove si è esibito con la compagna tedesco-lusitana Sandra Russo, polistrumentista e compositrice dotata di una voce naturalmente blues, in una notte poi coronata da una jam-session a cinque anime, con spruzzata funky-brazileira. Spero di rincontrarli presto, anche in Italia. E Carlos aveva già guidato me e la mia donna Andrea in un locale di culto, quasi mitologico, come Pasteis de Belém: qui ho sommerso di cannella i «pasteis de nata», come se stessi compiendo un rito propiziatorio rivolto al Mediterraneo che proprio lì non c’è perché ci si affaccia sulla foce del Tago. E, intanto, avevo raccolto emozioni belle e buone al Museo Calouste Gulbenkian, davanti a pezzi importanti e altri che volevo traguardare da vicino, come alcuni particolari del «Ritratto di lady Elizabeth Conyngham» (1824) di sir Thomas Lawrence e de «Lo specchio di Venere» (1877) di Edward Burne-Jones, per fare un paio di esempi. Tra murales che sfuggono ai più, icone inconsuete e scatti da cartolina, funicolari, ponti, ascensori e funivie, mi sono abbeverato alla sostanziale accoglienza portoghese, a tratti entusiasmante, tra scorci e atmosfere appese e sospese, azulejos ovunque e taverne e trattorie dove la schiettezza e l’essenzialità sono ancora allo stato puro. E poi sono stato letteralmente catturato dalle leggendarie imprese dei surfisti che da tutto il mondo si danno appuntamento a Nazarè per cavalcare l’onda gigantesca più alta del pianeta: dopo averne immaginato l’immensità, grazie al tutorial nel piccolo museo del «Forte de Sāo Miguel Arnajo» col suo faro che sfida un pazzesco vento, mi sono limitato a ingozzarmi di notte, alla «Taberna d’Adélia», con una metafisica zuppa di pesce (grande «cataplana»!) abitata da tranci di marvizzo selvaggio, pagando una bottiglia di Bianco del Sud appena 22 euro. E ne valeva 60. Bella e buonissima.

 

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