La necessità di amare «Bolivar» Patalano

La sua autobiografia sta negli occhi di chi lui dipinse. Una folla. Umanità su trampoli sconnessi. Se volete (forse) tentare di conoscere l’intima vicenda maudit di Giuseppe Simon «Bolivar» Patalano, così unica da mettermi in soggezione, dovreste provare a leggere i suoi ritratti scottanti, lavici, mutevoli e pure cazzimmosi, scrutandoli, indagandoli senza disciplina. Liberate l’istinto e catalogate con calma le emozioni.

Bolivar_1.jpgE non è facile. Poi raschiate l’immaginario viaggiando tra i PRIMA FOTO DEL TITOLOsuoi paesaggi.
E poi spiattellate il vostro sguardo sulle rughe e le pupille e la postura che sputano fuori dalle fotografie, rubate e non, che gli fecero quando era già avanti con gli anni, ormai conosciuto e riconosciuto: ci riempiono la memoria debordando.
Regalatevi la curiosità. Abbandonate ogni metodo, voi che entrate nella selva focosa, bruciata e spudoratamente fragile di una personalità che ha attraversato come un tracciante e un miracolo il secolo scorso. Amate Bolivar a prescindere.


Capisco che quest’orgia di imperativi potrebbe essere collocata nella didascalia di molti artisti, incontrando i loro desideri. E comprendo la prevalenza della diagnostica – nel farsi l’arte come interpretazione di terzi – e l’accostamento, l’indagine concettuale e la sintesi filosofica, l’attribuzione a un «ismo», a tanti «ismi», per la chiarificazione del progetto creativo, più o meno consapevole dell’autore. A scopo mercatale. Ma anche no.

Epperò chiedo il pragmatismo della folgorazione esperienziale.Bolivar_2.jpg

Invoco lo svenimento stendhaliano, lo spaesamento urgente della modernità. Perché Bolivar è stato l’adolescente-marittimo e il muratore, il girovago di mappe oniriche per fame; e il muto nauseato e abbandonato in cupi androni urlatori d’America. Perché è stato il matto e il disturbato, il morto resuscitato, l’araba fenice della W.H. Auden con Bolivarpsicanalisi, l’intellettuale per negazione, l’affidatario del proprio talento purissimo. E perché è ancora – a distanza di 41 anni dalla scomparsa – il fiore più fiero, l’anagramma più nobile dell’ischitanità selvatica che ci rende orgogliosi di aver vissuto un minuto da scompaginati e sparigliati. Per l’attimo breve che ci appartiene.

Bolivar l’ho intravisto un paio di volte a passeggio per Forio, alla fine degli Anni Settanta, ero troppo timido e giovane firmatario di articoli acerbi, per immaginare che – superando la carovana di aggettivi e giudizi che accompagnavano l’uomo e la sua fama artistica – un giorno avrei potuto intervistarlo.

Non accadde. Andò così.

Sono nato tardi, e me la sono persa la Bellezza (l’epoca foriana del mito) di cui Bolivar è stato un totem alieno: a Villa Arbusto ora è rievocata come un inno laico, allontanando le tentazioni mummificatorie rivolte alle icone passate, e rigurgitando piuttosto l’idea di un Museo civico dell’isola, inteso come anti-reliquiario e ginnasio di ricordi per gli incazzati âgé e possibile Camera delle Meraviglie per i ragazzi d’oggi.


Invidio molto Massimo Ielasi che ha fatto in tempo a tuffarsi in quella rutilante stagione, e nella concentrata costellazione di eventi insulari illimitati; eBolivar 4 gesti irreplicabili, umori ammalianti, carne, corpi e parole geniali, narcisismi e sputtanamenti, lenta velocità e colpi di coda; ‘nciuci, pennellate assolute e bevute d’ispirazione… Massimo non ha dimenticato nulla. E gli sono grato per l’impegno formidabile nella ricerca, nella ricostruzione di un risarcimento collettivo, di una ricapitolazione della storia che ci viene recapitata – senza decapitarla - e non si può dimenticare.

---

LA MOSTRA /  «Bolivar espressionismo e potenza», fino al 25 luglio 2022, presso il villino «Gingerò» a Villa Arbusto (Lacco Ameno). Promossa dal Comune di Lacco Ameno in collaborazione con il Circolo Georges Sadoul di Ischia, curata da Massimo Ielasi con Salvatore Basile e Bruno Macrì, l’esposizione è visitabile tutti i giorni negli orari di apertura del Museo archeologico Pithecusae.Per info: www.pithecusae.it. Tel. 081996103